SILVANO DI ENZO JANNACCI
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La Società degli operai tessitori in Panni Lana di Crocemosso
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La conquista del K2 - alpinista Biellese Angelino Ugo
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La Panoramica Zegna negli anni 60
https://primabiella.it/video-piu-visti/documentario-del-1962-sulla-panoramica-zegna-virale-su-facebook/?fbclid=IwAR0bx9X81OWE4i4e39PTTOlwiG5Pj-Iw9iTLCghs6HVAGl11E9NDshgprHM
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https://50sfumaturedibiella.com/
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Intervista a Gianguido Frassati : Il legno ..... è vita.
https://www.youtube.com/watch?v=I_xKuCQ8eQU
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Gaston Strobino, l'americano di Mosso bronzo alle olimpiadi
http://www.ecodibiella.it/it/web/gaston-strobino-l%E2%80%99americano-di-mosso-bronzo-alle-olimpiadi-17389/sez/spettacoli-e-cultura/
In quel contesto così difficile, così poco inclusivo, fa effetto notare un nome italiano. L’unico tra 174. L’unico malgrado gli italiani fossero già diversi milioni negli USA e malgrado molti di loro avessero già dimostrato di non essere soltanto maccheroni e pizza.
L’anno successivo il “New York Evening Mail” ripropose la stessa iniziativa con l’intento di bissare il successo sportivo e di pubblico. Questa volta vinse Louis Scott, ma appena dietro di lui si presentò Gaston Strobino che aveva anche migliorato il suo tempo (1h 09’ 20”). Con le Olimpiadi svedesi ormai prossime, il ragazzo italiano che gareggiava per il “South Paterson Athletic Club” non poteva essere ignorato nelle convocazioni per la squadra americana diretta in Scandinavia. Fu quindi inserito in una sorta di lista per riserve, ma per poter prender parte alla spedizione quegli atleti di “seconda scelta” dovevano pagarsi il viaggio. Grazie al suo club, alla famiglia e agli amici, lo Strobino riuscì a mettere insieme la somma necessaria e fu quindi accolto nel team che si stava imbarcando sul “Finland” per Stoccolma. Il suo rango di ultimo arrivato e di emigrante lo fece designare come gregario rispetto a coloro che erano già stati indicati quali capitani nelle varie discipline a lui congeniali. Strobino, che non aveva mai affrontato una vera maratona, doveva correre non per sè, ma per gli altri compagni di squadra ritenuti più dotati. Ma una gara così massacrante e lunga si può pianificare solo fino a un certo punto e little Gaston, quando il campione designato, Lewis Tewanima, al venticinquesimo chilometro non ce la fece più a reggere il passo delle lepri sudafricane, capì che doveva tentare il tutto per tutto. Nel pomeriggio del 14 luglio 1912, sotto un sole cocente e con una temperatura insolitamente alta per la capitale svedese (32°), la maratona di Stoccolma si rivelò una prova tremenda. Sebbene la distanza fosse inferiore di due chilometri rispetto a quella attuale di 42.195 metri, il caldo, la polvere sulle strade, i quasi nulli punti di ristoro risultarono condizioni proibitive che causarono seri problemi ai concorrenti. Al trentesimo chilometro, il portoghese Francisco Lazaro stramazzò al suolo per la disidratazione e la fatica. Morirà nelle ore successive. Poco prima il nipponico Shizo Kanakuri, che pure ambiva al successo finale, si ritirò (anzi si “assentò”) in maniera rocambolesca non dando più notizie di sè. Fu dichiarato ufficialmente come “persona scomparsa” e la sua vicenda, peraltro nota e proverbiale in Svezia, lo portò a concludere il suo percorso in 54 anni, 8 mesi, 6 giorni, 5 ore, 32 minuti, 20 secondi e 3 decimi... Nel mentre Gaston Strobino, con la sua andatura cadenzata e regolare, risaliva dal nono al terzo posto e a cinque chilometri dalla conclusione si poneva all’inseguimento di Ken McArthur e Christian Gitsham. I due podisti del Sud Africa erano in stato di grazia, ma l’italo-americano non mollò fino alla fine. Bronzo clamoroso con il cronometro fermo sulle 2 ore, 38 minuti, 42 secondi e 4 decimi. Niente male, a meno di due minuti da McArthur, il vincitore. Quel terzo posto fu un vero trionfo, un exploit che fece fare al nome di Gaston Strobino il giro del mondo. E arrivò anche a Biella. “il Biellese” rilanciò la “Gazzetta dello Sport” che così descrisse il mossese: “E’ un forte e un giovane intelligentissimo che ha saputo oggi, con una corsa regolarissima e progressiva, minacciare ben da vicino i vincitori... potendo far credere per un momento che la stellata bandiera americana, a cui noi avremmo sorriso come fosse la nostra, anzichè alla terza antenna si elevasse alla prima. E ce lo fece sperare per un istante, data la sua meravigliosa freschezza, che contrastava ben fortemente con lo stato depresso del vincitore.” Gaston fu accolto al suo ritorno come avesse vinto davvero e divenne uno sportivo famoso. Negli anni seguenti si distinse in alcune competizioni nazionali e nel 1915, quando si iscrisse al prestigioso “New York Athletic Club”, fu campione assoluto della corsa campestre sulle sei miglia.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, che lo vide arruolato, ma non combattente, Gaston Strobino non era più in grado di correre ad alto livello. I soldi della pubblicità per la Tuxedo, una manifattura di tabacchi attiva a Paterson (allora fumo e sport andavano d’accordo, anche se l’immagine del maratoneta con la sigaretta in bocca doveva essere poco credibile già all’epoca), non erano più sufficienti e i risparmi derivati dalle gare vinte nemmeno. Per vivere, non avendo alcun tipo di formazione, Gaston Strobino dovette adattarsi a lavorare in un’officina, ma non è detto che quella attività fosse per lui così umiliante. Anzi, il biellese che vinse per gli USA una medaglia alle Olimpiadi di Stoccolma, non aveva talento solo per la corsa. Doveva aver appreso o ereditato un minimo di attitudine per la meccanica di precisione. Tant’è che iniziò a depositare brevetti per strani marchingegni. Brevetti tuttora esistenti e liberi, debitamente registrati e descritti. Nel 1920 si inventò una macchina per sagomare oggetti ovali, nel 1926 studiò un sistema per migliorare il suono dei fonografi. Nel 1947 si occupò di misure con i giroscopi. Nello stesso anno elaborò uno strumento musicale a vento. Ma la lista è assai più lunga. In effetti, quando nel 1928 si trasferì da Paterson in Illinois, la sua professione dichiarata era quella dell’inventore. Gaston Strobino morì a Downers Grove (nei pressi di Chicago) il 30 marzo del 1969 e fu sepolto nel locale cimitero. La sua storia è, almeno in parte, quella del “sogno americano.” Chi ha i numeri o, come nel suo caso, le gambe e i polmoni, può farcela stupendo tutti. Anche il figlio di poveri emigranti di Mosso può avere la sua chance e deve solo saperla sfruttare, anche se si presenta sotto forma di maratona olimpica. Gaston non fu mai un campionissimo, ma seppe stare al gioco e al mondo, tribolando, ma anche divertendosi, competendo con i migliori senza soggezione. E il nostro Strobino è anche un esempio di come gli Stati Uniti d’America, nel bene e nel male, premiano chi è capace di cambiare vita, di sviluppare altre abilità senza rimpiangere le esperienze precedenti. Danilo Craveia
Cerca anche il rosso di Pistolesa Eligio Strobino con la funzione di ricerca.
Fabbrica F.lli Ormezzano
Ricordi dell'alluvione del 1968
MATTEO PRIA
VALLEMOSSO 10-11-2018
2-11-1968
Cinquant'anni fa il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat arrivò con l'elicottero a
Vallemosso per rendersi conto di persona del disastro avvenuto dopo l'alluvione e per
testimoniare la vicinanza dello Stato. Oggi sarà il turno di Sergio Mattarella salire nella valle
dello Strona, per dire ancora una volta che lo Stato c'è.
Troverà un territorio che ha saputo convivere con l'acqua investendo in sicurezza lungo il
torrente e scoprirà un'area che continua a essere un punto di riferimento del tessile e
dell'economia italiana. E' questo il messaggio che gli amministratori porteranno all'attenzione
del Capo dello Stato. Nonostante i 58 morti, le case distrutte e centinaia di posti di lavoro
persi con l'alluvione del 1968, la vallata ha saputo risollevarsi e rilanciarsi. La presenza di
un'alta carica dello Stato era stata chiesta dal presidente dell'Unione montana Carlo Grosso
mesi fa, durante la presentazione degli eventi per celebrare i 50 anni dalla tragedia. Aveva
trovato l'appoggio della Prefettura, che si è fatta portavoce del messaggio per accendere i
riflettori sulla valle di Mosso.
Oggi a fare gli onori di casa ci sarà il sindaco di Vallemosso Cristina Sasso, che parlerà nel
padiglione in piazza Alpini. «Il paese da allora è ripartito, ma l’alluvione ha segnato per anni
il territorio. Non a caso il nostro piano regolatore ci ha messo decenni prima di essere
approvato con notevoli restrizioni. Sono stati spesi milioni di euro lungo lo Strona per la sua
messa in sicurezza, ma in valle abbiamo ancora le più importanti realtà imprenditoriali
italiane del tessile». Prevista anche la presenza di Paolo Botto Poala, industriale testimone del
disastro dell'alluvione.
IL PROGRAMMA
Mattarella giungerà a Cerrione con l'aereo presidenziale per dirigersi con la scorta a
Vallemosso. Nessuna strada verrà chiusa, anche se sono state adottate tutte le misure di
sicurezza del caso. Il programma è definito: omaggio al monumento dedicato ai morti
dell'alluvione a Campore, incontro con la popolazione a Vallemosso, visita privata alla
mostra della Romanina e infine esercitazione di Protezione civile sul torrente Poala. Sergio
Mattarella incontrerà anche alcuni protagonisti dell'alluvione di 50 anni fa. Sicuramente il
fotografo Sergio Fighera, che ha testimoniato con le sue immagini la tragedia, poi i familiari
dei cittadini di Vallemosso che ricevettero la medaglia al valor civile. Il presidente incontrerà
anche Giuseppe Cossu, carabiniere di 81 anni in servizio all'epoca a Vallemosso, Ci saranno
anche due bambine di quei tempi: Dorina Cerri, che venne portata in salvo dal carabiniere
Agostino Bova (deceduto da pochi mesi), e Lorella Nofri, che il 7 novembre 1968 salì
sull'elicottero presidenziale per essere portata all’ospedale «Regina Margherita» di Torino ed
essere curata.
Marco Sella Ciaffrey era il Preside delle Scuole Superiori di Mosso che io frequentavo
Ieri alle 09:43
Nell'occasione del cinquantenario dell'alluvione voglio pubblicare l'intervento che mio padre,
sindaco di Mosso S. Maria in quei tristi giorni, preparò in occasione del trentennale. E' molto
dettagliato e sono certo che molti di voi ricorderanno gli avvenimenti e le persone citate.
2 Novembre 1968 il sindaco di Mosso S. Maria ricorda
Sono trascorsi trenta anni da quel tragico 2 novembre 1968 ma alla mente si affollano i
ricordi relativi all’alluvione che colpì Mosso Santa Maria.
Nel periodo in cui ero sindaco in mattinata e nel pomeriggio caddero le prime frane ed io, che
ero sceso a Biella per assolvere ai miei doveri di ufficio, fui costretto a provare diversi
itinerari prima di individuare quello che mi portò a Mosso
Nel pomeriggio il cielo era di un livido colore verde e sembrava che tutti i temporali
autunnali si fossero dati convegno nella valle.
Alle 18 era già buio pesto ed avendo inteso un forte boato vidi che era franato il prato davanti
casa mia nell’intersezione con la strada di Oretto e l’acqua che scendeva da tale strada, con
una cascata ricadeva in Via Quintino Sella formando un impetuoso torrente diretto verso la
Chiesa ed il Municipio. L’energia elettrica, a causa delle numerose frane, cessò e in quasi
tutte le case vennero accesi i lumini acquistati per adornare le tombe in occasione della
processione al cimitero prevista per il giorno successivo.
Io avrei voluto raggiungere il Municipio ma non possedendo stivali ed avendo a disposizione
soltanto una pila di tipo lucciola che illuminava si e no un metro davanti a me, decisi di
attendere un miglioramento del tempo. Verso sera si verificò un rallentamento nella caduta
della pioggia, tentai di scendere in comune, ma dopo pochi passi mi sentii afferrare per il
collo. Era un filo dell’illuminazione pubblica che si era staccato dal palo. Ritornai quindi in
casa e decisi di attendere le prime luci dell’alba.
L’indomani scesi in piazza dove incontrai il Comandante della Stazione dei Carabinieri
Brigadiere Mattia e tentammo di comunicare al mondo quanto era successo nella Valle con
un piccolo trasmettitore a pile prestato da un radioamatore. Riuscimmo a collegarci con una
persona residente a Voghera pregandola di comunicare ai Carabinieri della sua città quanto si
era verificato nella nostra zona. La persona, temendo trattarsi di uno scherzo era molto
perplessa e non promise nulla. Fummo costretti a interrompere il collegamento in quanto le
pile si erano esaurite. Cambiate le pile riuscimmo finalmente a comunicare con Biella che
immediatamente predispose i primi interventi.
Nel 1968 non esisteva il servizio di protezione civile e molte soluzioni attuate a Biella furono
successivamente utilizzate su scala nazionale per organizzarlo.
Incominciarono ad affluire i primi soccorsi con offerte della popolazione locale e dal comune
di Biella, a mezzo di un elicottero che atterrava su un prato di fronte al Lanificio Ormezzano,
e con l’aiuto di validi collaboratori organizzammo un primo sistema di pronto intervento, Il
Brigadiere Mattia ed il vice-sindaco Sig. Mario Bedotto con alcuni volontari e con l’aiuto
della ditta Strobino provvidero al ricupero delle salme delle povere vittime ed alla loro
sistemazione nelle bare ed, in mancanza di ruspe, utilizzando le pale riuscirono a creare dei
varchi a fianco delle numerose frane per consentire il passaggio almeno ai pedoni e per
facilitare il trasporto delle bare. Utilizzando l’elicottero furono trasportati in ospedale oppure
a Mosso i feriti per prestar loro le prime cure. Per provvedere alla sistemazione degli sfollati
furono invitati i cittadini a mettere a disposizione gli alloggi o le camere vuote segnalandoli
alla segreteria del comune o al Vice-parroco Don Barbera.
Per facilitare i controlli e rendere più razionale l’opera di assistenza e di aiuto alla
popolazione chiesi ed ottenni la collaborazione di numerose persone e mi scuso se non potrò
ricordarle tutte. Anche il giornale La Stampa inviò un consistente contributo in denaro per
poter assistere i danneggiati. Nelle ore serali formammo un gruppo di lavoro composto dal
Vice-sindaco, dal Vicario Don Adriano Motta, dall’Ufficiale sanitario Dr. Franco Cassardo,
dal Brigadiere Mattia, dal Segretario comunale Rag. Raffaele Correale e da alcuni Consiglieri
comunali e, sotto la mia presidenza stabilimmo i criteri da seguire nella concessione dei
sussidi ai cittadini danneggiati sia direttamente che indirettamente dall’alluvione. In base a
tali criteri, con l’aiuto degli impiegati comunali furono predisposti gli elenchi delle famiglie
da assistere.
Il pagamento dei sussidi in denaro fu affidato al Giudice Conciliatore Sig. Leanza che assolse
con molto scrupolo e precisione alle sue mansioni.
La consegna dei pacchi viveri fu, invece, affidata a un gruppo di Signore e Signorine
coordinato dalla Prof.ssa Emilia Bertola e funzionante nella sala del Consiglio Comunale. Per
venire incontro alle necessità delle persone anziane o impossibilitate a muoversi i Consiglieri
Comunali Sig. Mario Grosso e Sig. Pio Garbaccio Valina provvidero a recapitare i pacchi a
domicilio.
La gestione dell’altro materiale (pale, stivali, coperte, tubi per l’acqua, ecc.) custodito in
Municipio fu, invece, affidata al Vice-sindaco con la collaborazione del Sig. Adriano Tonso e
del Sig. Ilio Grosso.
Io, dopo aver organizzato il lavoro di primo intervento fui costretto a rimanere in ufficio dove
con la valida collaborazione del Rag. Correale tentai di risolvere i numerosi problemi
presentati da un flusso continuo di persone.
Per risollevare il morale della popolazione fu ripristinato il vecchio forno a legna della
Cooperativa e nella notte fu impastato il pane alla luce dei fari di una macchina e
successivamente infornato ottenendo un ottimo prodotto ed anche da qualche comune vicino
vennero ad acquistare il pane a Mosso.
Intanto la Prefettura di Vercelli assegnò i fondi per il pronto intervento e gli uffici del Genio
Civile incaricarono alcune ditte di effettuare i lavori necessari per ripristinare la viabilità.
Sulle strade principali vi era una frana in media ogni dieci metri e l’unica strada rimasta
indenne era quella che passando da Borgata Ormezzano scendeva a Vallemosso. Anche i
ponti erano tutti fuori uso ed il Genio Militare gettò un ponte fra Mosso e Crocemosso. Nel
mio ufficio vi era sempre qualcuno che aveva dei problemi da presentare, e quando vennero a
Mosso il Prefetto o il Colonnello comandante i Carabinieri della provincia, fummo costretti a
spostarci nel locale antigabinetto per poter parlare liberamente di problemi riservati. Un
momento difficile da superare si ebbe quando le Autorità Superiori messe in allarme dai
geologi stabilirono che il vicino Comune di Pistolesa era gravemente in pericolo perché erano
possibili altre frane e ne ordinarono l’evacuazione. Per predisporla in gran segreto io, il
Segretario comunale ed i rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri ci riunimmo a tarda sera in
un bar di Mosso. Tenuto conto del fatto che parecchi abitanti di Pistolesa già si erano
sistemati presso parenti o nei locali messi a disposizione dai Mossesi, si ritenne opportuno
chiedere l’autorizzazione a occupare i locali in località Frieri di proprietà di un ente di
Vercelli (forse l’ECA) che li utilizzava soltanto durante l’estate per le colonie estive dei
bambini, autorizzazione che fu concessa. Per rendere possibile l’evacuazione e per garantire
la popolazione sfollata contro i casi di sciacallaggio, l’Arma dei Carabinieri mise a
disposizione una cinquantina di Militi che in un primo tempo aiutarono gli abitanti a sfollare
e successivamente furono adibiti al controllo delle case rimaste vuote. I militari dell’Arma
durante i periodi di riposo furono ospitati nei locali predisposti dal comune di Mosso per
l’inizio dell’attività dell’Istituto Tecnico, locali in parte adibiti anche per accogliere gli
sfollati di Pistolesa.
La palestra delle Scuole Elementari fu, invece, utilizzata per ospitare i militari dei
Cavalleggeri di Lodi comandati dal Capitano Arrigoni accorsi da Lenta per aiutare le
popolazioni di Vallemosso e di Pistolesa a sgomberare le case pericolanti e per rimuovere le
macerie.
Molti ricordi mi ritornano alla mente, ma uno mi è rimasto impresso e riguarda l’intervento
che mi fu richiesto dai Salumifici di proprietà dei Signori Bocchio e Sella per salvare ottanta
quintali di carne in lavorazione. Per risolvere il problema il Lanificio Ormezzano mise a
disposizione un generatore di energia elettrica da loro utilizzato in tempo di guerra e dal
Centro di soccorso di Biella ci fu inviato un notevole quantitativo di cavo elettrico che
l’elettricista sig. Piero Fila Robattino con l’aiuto di alcuni volontari utilizzò per collegare il
generatore ai salumifici. Nei momenti di pausa l’energia fu utilizzata per il forno del pane.
Passato il primo periodo di crisi venne a Biella il Presidente del Consiglio On. Leone che alla
presenza delle principali autorità provinciali e locali convocò i Sindaci dei comuni alluvionati
presso il Municipio di Biella per un primo esame della situazione e per predisporre in
concreto un piano per risolvere il grave problema dell’industria tessile i cui stabilimenti erano
stati distrutti dall’impeto delle acque o erano stati invasi dal fango e dalla melma rendendo
inservibili i macchinari e per ricostruire le fognature, i ponti, le strade e gli edifici
danneggiati.
Non appena ripristinata la viabilità ordinaria il Presidente della Repubblica On. Saragat
accompagnato dall’On. Scalfaro e dal Prefetto di Vercelli visitò le zone alluvionate per
rendersi conto personalmente della situazione e per avere un contatto diretto con le
popolazioni.
Per poter intervenire rapidamente nell’opera di ripristino dei beni danneggiati i Sindaci dei
comuni alluvionati chiesero al Provveditorato Generale delle Opere pubbliche per il Piemonte
l’autorizzazione a far preparare da tecnici di fiducia i necessari progetti da cedere poi al
Genio Civile che, in caso contrario, non avrebbe avuto la possibilità di provvedere
direttamente per mancanza di personale. Fu altresì richiesta l’autorizzazione a preparare i
Piani di ricostruzione. Entrambe le autorizzazioni furono concesse facendo notevolmente
ridurre i tempi di attesa prima dell’inizio dei lavori.
Il ricordo che maggiormente mi è rimasto impresso è la presenza di uno spirito di solidarietà
da parte di tutta la popolazione che ha consentito di superare lo sconforto dovuto
all’immensità ed alla gravità dei danni sofferti.
Un particolare ringraziamento rivolgo ancora alla Regione Autonoma della Valle di Aosta
che mandò una piccola ma molto efficiente squadra attrezzata per aiutarci a rendere agibile
una strada disastrata da noi scelta. Ringrazio ancora la Società Dalmine che donò al comune
un camion di tubi per riparare o sostituire i tubi dell’acquedotto e le Acciaierie di Bolzano per
l’utilissima motosega donata.
Un grazie sentito rivolgo al Giornale La Stampa che grazie a Specchio dei tempi intervenne
immediatamente con un cospicuo aiuto.
Ringrazio a nome di tutta la cittadinanza il Comitato per i soccorsi di Biella sempre pronto a
concederci quanto richiesto.
Un grazie sentito anche agli studenti ed a tutti coloro che hanno aiutato a spalare per rendere
più agibili le strade o per eliminare il fango che aveva invaso gli stabilimenti e le case. E che
hanno collaborato con il Sig. Boccalatte e gli altri idraulici per ripristinare o riparare le
condutture dell’acqua potabile.
Un ricordo particolare per il Sig. Prefetto di Vercelli che con nobile gesto è salito nel Natale
successivo per ringraziarci e per porgere fervidi auguri ricambiati da noi con cuore. Grazie
anche alla Famija Piemunteisa che è venuta con Gianduia a farci visita per incoraggiarci a
ben continuare.
Concludo con un grande elogio alla popolazione di Mosso ed a tutte le autorità civili,
religiose e militari che con abnegazione e spirito di sacrificio collaborarono con me durante
l’alluvione e successivamente.
Mario Sella Ciaffrei
Silvano Strobino Sono stato anch'io allievo di suo Padre Sella Ciaffrei Mario, quello che
descrive è proprio così, sembra di rivivere quei momenti. io in quel periodo lavoravo al
Lanificio Ormezzano e ricordo come ieri la linea elettrica stesa in un batter d'occhio per
collegare il forno, per fare il pane e i due salumifici.
Silvano Strobino Poche parole e come dicono i Biellesi " date da fè e boggia" Ero abitante di
Gianolio e fui "sfollato" per pochi giorni da parenti in quel di Mosso. Da qualche parte
conservo ancora la tessera/lasciapassare, che ci permetteva di accedere, durante il giorno, alle
ns case per recuperare le ns. cose di prima necessità.
BREVE VEDEO SULLA STORIA DI FRA DOLCINO
La lavorazione della lana una volta era così ........
Qualche Pistolesano non si prese troppa "gena" (mortificazione nel portarli) e disinvoltamente utilizzò tali abiti.
Misure di superficie
Misure piemunteise per Travaj
.... na vira ieru Giuvu ....
Mosso S. Maria anni 40 |
Mosso con prati tagliati ...... c'erano le mucche |
Bielmonte ..... anni 60 ..... gare di sci .... che ricordi. |
Vallemosso, arrivo trenino, sulla sx edicola attuale (2013). Sullo sfondo si vede frazione Boschi e la Chiesetta. Senza viadotto. |
Articolo ricavata dall'Espresso n. 11 anno LIX - del 21 marzo 2013 -
Lezioni di stile - Un'industria tessile solida. E una tradizione della confezione unica al mondo. Il made in Italy affonda le radici nelle aziende tra Lombardia e Piemonte. Che ora cambiano pelle per reagire alla crisi. E guardano al futuro con strategie e ricette diverse.
La gente non sa quello che vuole finché non glielo si mostra (Steve Jobs)
Curgin = lacci per le scarpe in cuoio quadrati
Starnighin (cjülìn) = Selciatore
La battitura delle castagne a Bagneri, 1959 (archivio J. Calleri)
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